ࡱ > ` b _ #` *h bjbjmm 8 ` 8 D ` $ " ( * * * * * * h * | | | * ? | " ( | ( + " ( U 0 m " m m $ * * " | | | | D Per il Convegno ABICONF-ANADIMM Condominio 2019 In Bologna li, 23 marzo 2019 Il conflitto di interessi nel procedimento decisionale dellassemblea condominiale a cura dellAvv. Tiziano Dozza del Foro di Bologna Come definizione, in linea generale, il conflitto di interessi si pu definire come la situazione in cui linteresse secondario (finanziario o meno) di una parte tende ad interferire con linteresse primario di unaltra parte, verso la quale la prima ha precisi doveri e responsabilit e, pertanto, tale conflitto si manifesta allorquando chi ha linteresse secondario chiamato ad esprimere la sua volont. In dottrina, il conflitto di interessi pertanto rappresentato come la fattispecie in cui si verifica un contrasto (o una divergenza) tra interessi che impedisce la soddisfazione di entrambi e possa far ritenere che uno dei essi sia illegalmente pregiudizievole per laltro e ci indipendentemente dal fatto che questo pregiudizio concretamente si verifichi o meno. Il conflitto di interessi nellassemblea condominiale non stato contemplato dal legislatore nelle disposizioni che si occupano di tale materia e ha nel tempo rivelato difficolt argomentative che hanno dato luogo a unampia evoluzione della giurisprudenza che si riportava per analogia con risultati non sempre ritenuti soddisfacenti dalla dottrina alla disciplina prevista per tale ipotesi esistente nel contesto societario e di cui allart. 2373 c.c. . Il voto del condomino in conflitto di interessi Nellesaminare lipotesi in cui un conflitto dinteressi si instauri tra il singolo condomino ed il Condominio, opportuno brevemente ripercorrere levoluzione del pensiero giurisprudenziale e dottrinale sul punto che, come anticipato, ha fatto riferimento alla disciplina prevista in materia societaria. In passato, la giurisprudenza aveva affermato che lesistenza di un conflitto di interessi tra il singolo condomino e il Condominio dovesse comportare lesclusione a monte, dal calcolo dei millesimi complessivi, dei valori millesimali attribuiti al condomino confliggente (Cass. n. 17140/2011; Cass. n. 10683/2002; Cass. n. 6853/2002), ritenendo applicabile in via analogica quanto disposto dallart. 2373 c.c. nella sua originaria formulazione (antecedente alla riforma del 2003), individuando unidentit di ratio tra le due fattispecie, ovverosia la posizione conflittuale del singolo (socio o condomino) rispetto allinteresse generale dellente collettivo di appartenenza. Lart. 2373 c.c. nella sua originaria formulazione cos prevedeva: Il diritto di voto non pu essere esercitato dal socio nelle deliberazioni in cui egli ha, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della societ. In caso d'inosservanza della disposizione del comma precedente, la deliberazione, qualora possa recare danno alla societ, impugnabile a norma dell' articolo 2377 se, senza il voto dei soci che avrebbero dovuto astenersi dalla votazione, non si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza. Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilit. Le azioni per le quali, a norma di questo articolo, non pu essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea." Detta norma, difatti, nonostante prevedesse il computo della quota del socio in conflitto di interesse necessaria per la costituzione dellassemblea (c.d. quorum costitutivo), precludeva a questultimo lesercizio del diritto di voto nelle deliberazioni in cui egli avesse un interesse confliggente con quello della societ, prescrivendo, poi, limpugnabilit della deliberazione potenzialmente dannosa per la societ, allorch, senza il voto dei soci in conflitto dinteressi, non si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza. Il predetto filone giurisprudenziale stato smentito dalla giurisprudenza successiva che, procedendo alla verifica della sussistenza, ai fini dellestensione della norma dettata per le societ di capitali allassemblea di Condominio, pervenuta ad altra soluzione, anche a seguito della riforma del 2003 modificativa del contenuto della norma richiamata (lart. 2373 c.c.). Lart. 2373 c.c., nella sua nuova formulazione, non fa pi distinzione tra quorum costitutivi e deliberativi, disponendo semplicemente che le deliberazioni approvate con il voto determinante di coloro che abbiano un interesse in conflitto con quello della societ sono impugnabili ai sensi dellart. 2377 c.c: La deliberazione approvata con il voto determinante dicoloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della societ impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno. Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilit. I componenti del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilit dei consiglieri di sorveglianza. Con la sentenza del 28 settembre 2015, n. 19131, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la validit dei principi espressi nel 2002 (la sentenza n. 1201, allepoca minoritaria) e linapplicabilit della disciplina dettata in ambito societario al Condominio, ritenendo societ e Condominio due entit ben diverse e giungendo alla conclusione per cui le norme in materia di societ non possono essere applicate, per analogia, al Condominio. Secondo detto orientamento, persistono, infatti, le difficolt nellindividuazione di uneadem ratio che giustifichi lestensione della disciplina societaria alle dinamiche interne al Condominio, soprattutto in relazione alle innegabili differenze esistenti, essendo il Condominio ente non dotato di personalit giuridica n di autonomia patrimoniale rispetto ai singoli partecipanti ma bens semplice gestione collegiale di interessi individuali (Cass. n. 1201/2002). Linvalidit ex art. 2373 c.c., difatti, assume a parametro linteresse sociale, inteso come insieme degli interessi comuni ai soci, in quanto parti del contratto di societ, laddove, al contrario, nei rapporti di Condominio non esisterebbe un superiore interesse comune, essendo questultimo nientaltro che una somma di interessi individuali cos come risultanti di volta in volta prevalenti in assemblea volti alla migliore utilizzazione dei beni comuni e, di riflesso, delle porzioni di propriet esclusiva. In assenza di una personalit giuridica che consenta di identificare nel Condominio un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi: Non appare discutibile che, a differenza di quanto avviene per le societ di capitali, nel Condominio non esiste un fine gestorio autonomo; la gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni non mira a conseguire uno scopo proprio del gruppo diverso da quello dei singoli partecipanti. La gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni strumentale alla loro utilizzazione e godimento individuale e, principalmente, al godimento individuale dei piani o delle porzioni di piano in propriet esclusiva. Tutto ci si riflette, anzitutto sul conflitto dio interesse, posto che il sorgere del conflitto tra il Condominio e il singolo condomino necessario che questi sia portatore, allo stesso tempo, di un duplice interesse: uno come condomino ed uno come estraneo al Condominio (e, che linteresse sia estraneo al godimento delle parti comuni ed a quello delle unit abitative site nelledificio) ed i due interessi non possano soddisfarsi contemporaneamente, ma che il soddisfacimento delluno comporti il sacrificio dellaltro (). (Cass. n. 19131/2015). Viene rilevato quindi che il regime del conflitto dinteressi delineato in ambito societario volto a tutelare linteresse afferente al gruppo sociale, distinto dagli interessi individuali dei partecipanti attraverso la creazione di un autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche. Pertanto, si sostenuto che, a differenza di quanto avviene nelle societ di capitali, nel Condominio non ravvisabile un fine gestorio autonomo rispetto allinteresse dei singoli partecipanti alla compagine condominiale, essendo - come detto - la gestione della cosa comune meramente strumentale al godimento individuale delle singole propriet esclusive. Di qui, linderogabilit del principio di maggioranza in ambito condominiale, stante altres lassenza nella disciplina dettata dagli artt. 1117 e ss. c.c. di qualunque riferimento alla possibilit di escludere taluni partecipanti al Condominio dai quorum per la costituzione delle assemblee o per ladozione delle deliberazioni condominiali. Ne consegue, per la ricostruzione suddetta, che nei quorum costitutivi e deliberativi devono comprendersi anche i condomini in potenziale conflitto dinteresse con il Condominio, i quali possono ma non devono astenersi dallesercitare il proprio diritto di voto. La Suprema Corte di Cassazione nel 2015 (sentenza n. 19131) conferma quindi i principi espressi nel 2002, secondo la quale le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del "quorum" costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il Condominio, i quali possono (ma non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto: deve rilevarsi che nellassemblea condominiale, sia nella disciplina ratione temporis applicabile, sia in quella introdotta con la legge n. 220 del 2012, il quorum deliberativo come quello costitutivo determinato con riferimento sia allelemento personale (i condomini partecipanti allassemblea), sia allelemento reale (il valore di ciascun piano o porzione di piano rispetto allintero edificio, espresso in millesimi). Da nessuna norma si prevede difatti che, ai fini della costituzione dellassemblea o delle deliberazioni, non si tenga conto di alcuni dei partecipanti al Condominio e dei relativi millesimi. Il principio maggioritario, adottato dal codice civile per le deliberazioni assembleari con la regola della doppia maggioranza un principio specifico dellistituto condominiale, che vale a distinguerlo dalla disciplina della comunione e delle societ, in quanto solo nel Condominio previsto che la maggioranza venga raggiunta dal punto di vista delle persone e del valore (). Perci i quorum sono fissati in misura inderogabile (in meno) (). E, si badi, le maggioranze occorrenti per la validit delle delibere in tema di gestione in nessun caso possono modificarsi in meno. Infatti i quorum costitutivo e deliberativo dallassemblea, che decide a maggioranza, non possono immutarsi in meno, e gli stessi quorum non possono modificarsi in misura minore neppure per contratto. Ci si ricava con certezza dalla disposizione dettata dallart. 1138, quarto comma, c.c., secondo cui il regolamento contrattuale di Condominio in nessun caso pu derogare alle norme ivi richiamate, comprese quelle stabilite dallart. 1136 c.c. concernenti la costituzione dellassemblea e la validit delle delibere (Cass. n. 11268/1998) Ferma la possibilit per ciascun partecipante di ricorrere all'autorit giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilit di funzionamento del collegio: Orbene, nel caso in cui la maggioranza prescritta non si possa raggiungere perch non si pu tenere conto del numero e dei millesimi dei condomini in potenziale conflitto di interessi () attribuire alla minoranza un ingiustificato potere di deliberare sovvertirebbe gli equilibri fissati, sulla base degli elementi personale e reale, delle regole concernenti il metodo collegiale ed il principio maggioritario. Con la precisazione che, se lassemblea non pu deliberare soccorre la disposizione contenuta nellart. 1105 c.c., quarto comma, applicabile al Condominio in virt del rinvio fissato dallart. 1139 c.c secondo cui, quando non si formano le maggioranze, ciascun partecipante pu ricorrere allautorit giudiziaria. Significativo notare che detta pronuncia specifica che il legislatore del 2012, nel riformare il Condominio, nulla ha aggiunto in tema di disciplina del conflitto di interesse nellambito condominiale; con il che rafforzando linterpretazione giurisprudenziale che, pur richiamando la disciplina societaria in tema di conflitto di interesse, faceva salve le specificit dellistituto condominiale e segnatamente quella della impossibilit di distinguere il quorum costitutivo da quello deliberativo. In sostanza: in tema di Condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dellintero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interessi con il Condominio stesso, i quali possono (non debbono) astenersi dallesercitare il diritto di voto, ferma la possibilit per ciascun partecipante di ricorrere allautorit giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilit di funzionamento del collegio. In pratica, in sede di assemblea di Condominio, anche se ravvisabile un potenziale conflitto di interessi tra i condomini, nel calcolo della maggioranza richiesta per approvare la delibera si deve comunque tener conto del voto dei condomini e dei loro millesimi anche se in conflitto di interessi, poich nel nostro ordinamento nessuna disposizione vieta al condomino in conflitto di interessi di partecipare allassemblea ed esprimere il proprio voto (lart. 1138, 4 comma c.c. stabilisce espressamente che neanche il regolamento contrattuale pu derogare alle norme relative alla costituzione dellassemblea ed alla validit delle sue delibere; difatti, nellipotesi in cui il condomino in conflitto dovesse essere escluso, la deliberazione sarebbe assunta dalla minoranza e ci contrasta con i principi basilari in materia di Condominio che vedono il prevalere della volont della maggioranza su quella della minoranza). In conclusione il condomino in conflitto di interessi potr, ma non dovr, astenersi dalla votazione. Conseguenze del conflitto dinteressi sulla validit della delibera assembleare Peraltro, la deliberazione adottata dallassemblea con il voto determinante dei condomini in conflitto dinteressi da ritenersi viziata e passibile di essere impugnata ai sensi dellart. 1137 c.c.. qualora la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, ovvero di esigenze lesive dellinteresse condominiale allutilizzazione, al godimento ed alle gestione delle parti comuni delledificio. Ad ogni modo, allorch la decisione dellassemblea viene formata con il voto determinante di partecipanti ispirati da finalit extracondominiali, al Giudice non potr chiedersi di controllare lopportunit o la convenienza della soluzione adottata dal collegio, quanto, piuttosto, di stabilire che essa costituisca - o meno - il legittimo esercizio del potere discrezionale dellorgano deliberante. Se risulta dimostrata una sicura divergenza tra linteresse istituzionale del Condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiamo perci concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sar da reputarsi invalida. Linvalidit della delibera discenderebbe quindi non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del Condominio, ma altres dalla dannosit, sia pure potenziale, della stessa deliberazione, in danno degli interessi condominiali. Ora, mentre nel sistema delle societ lart. 2379 c.c. prospetta una chiara ripartizione tra fattispecie di nullit ed annullabilit, disponendo che il conflitto dinteressi causa di annullamento delle delibere assembleari; stando invece al sistema creato dalla giurisprudenza, per il Condominio nellopinione di alcuni interpreti - debbono considerarsi nulle le delibere non rientranti nelle competenze dellassemblea, rimanendo perci impugnabili indipendentemente dalla soggezione al termine perentorio di trenta giorni attualmente previsto dallart. 1137, comma 2 c.c. Nondimeno, limpugnazione ex art. 1137 c.c. in virt del rinvio allart. 1109 c.c. consentito dallart. 1139 c.c. si ritiene possa estendersi anche allipotesi in cui la delibera ecceda dai poteri dellorgano assembleare. I principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza del 2015 sono stati riaffermati da successive e recenti pronunce giurisprudenziali tra cui la sentenza del 2018 n. 1849: in tema di Condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono sempre inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dellintero edificio, ai fini sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interessi con il Condominio, i quali possono (ma non debbono) astenersi dallesercitare il diritto di voto, ferma la possibilit per ciascun partecipante di ricorrere allautorit giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilit di funzionamento del collegio . Chi pu impugnare la delibera? Nei commenti rinvenuti ci si e chiesto se, per dedurre linvalidit della deliberazione approvata grazie alla mancata astensione dei condomini in conflitto di interessi, possa agire con limpugnazione ex art. 1137 c.c. lo stesso Condominio, rappresentato dallamministratore, e non necessariamente, quindi un altro condomino, giungendo ad una risponda negativa. Lart. 1137 c.c. non annovera infatti tra i soggetti legittimati allimpugnazione di una delibera assembleare il Condominio, attribuendo tale legittimazione soltanto ai condomini assenti, dissenzienti o astenuti. Lamministratore di Condominio piuttosto legittimato passivo nel giudizio di impugnazione , per contro, inconcepibile che possa insorgere giudizialmente per censurare lapparente manifestazione di volont dellassemblea, inspirandosi ad un dichiarato interesse del Condominio in contrasto con la decisione espressa dallassemblea stessa. Condomino in conflitto di interessi e delega ad altri Pi complessa diviene lindividuazione del conflitto dinteressi rispetto al superiore interesse del Condominio ogni qual volta il condomino abbia conferito ad altri delega a rappresentarlo e ad esercitare in sua vece il diritto di voto nellassemblea condominiale. L'atto del rappresentante certamente destinato a produrre effetti giuridici nella sfera del condomino rappresentato (in quanto, ad esempio, il voto favorevole del rappresentante finisce per precludere al delegante la legittimazione all'impugnazione accordata ad assenti, dissenzienti e astenuti dallart. 1137, comma 2, c.c.); daltra parte, loperato del delegato spiega i propri effetti anche e soprattutto nei rapporti tra i condomini, posto che contribuisce a formare la "volont dellassemblea". Pertanto, ogni qual volta la volont di un condomino sia veicolata in assemblea da un rappresentante, il quale abbia ricevuto precise indicazioni in vista dellesercizio delegato del diritto di voto, necessario distinguere il caso in cui il delegato abbia manifestato una volont difforme rispetto a quella del delegante, dalla diversa ipotesi in cui il rappresentante abbia perseguito scopi confliggenti con linteresse istituzionale del Condominio, ma in conformit al mandato ricevuto. Nella prima ipotesi, il voto del delegato falso o infedele, espresso in modo non conforme alle indicazioni del delegante e non ratificato da questultimo, non si riverbera, infatti, ex se sulla validit della decisione assembleare. Ed invero, ove un condomino impugni una deliberazione dell'assemblea, assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un proprio falso o infedele delegato, occorre pur sempre dimostrare che detto voto abbia concretamente inciso sulla regolare costituzione dell'assemblea, o sul raggiungimento della maggioranza deliberativa prescritta dalla legge o dal regolamento. In tale caso, la legittimazione ad impugnare la delibera assembleare spetter solo al condomino delegante al fine di far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini, perch estranei a tale rapporto (Cass. n. 16673/2018; Cass. n. 2218/2013; Cass. n. 12466/2004; Cass. n. 8116/1999). Diversamente, invece, occorre ragionare laddove si ravvisi una divergenza tra linteresse condominiale e la volont spiegata in assemblea dal rappresentante, senza che, tuttavia, la condotta esecutiva di questultimo integri una violazione della delega al voto. In tal caso, infatti, potrebbe erroneamente escludersi la sussistenza di un conflitto dinteressi rispetto al superiore interesse del Condominio per il sol fatto che il voto sia stato espresso in assemblea dal rappresentante conformemente alle condizioni stabilite dal condomino delegante. Trattasi di fattispecie assai diversa rispetto alla precedente, i cui effetti sulla formazione della volont assembleare non possono egualmente indagarsi alla luce della disciplina in materia di mandato. Ed invero, stante lassenza di un qualunque vizio afferente la delega o il potere di rappresentanza, il centro dinteressi cui raffrontare gli scopi istituzionali del Condominio, al fine di verificare linsorgenza di un conflitto che possa compromettere la validit della deliberazione assunta dallassemblea, quello del condomino delegante, e non bens quello del mero rappresentante fedele. Sicch, allorch si accerti che il condomino, la cui volont sia stata correttamente espressa in assemblea dal rappresentante designato, abbia perseguito scopi incompatibili con il superiore interesse condominiale, la delibera assembleare eventualmente adottata con il suo voto determinante suscettibile di essere impugnata da chiunque vi abbia interesse, non potendosi qui risolvere gli effetti del conflitto dinteressi esclusivamente nel rapporto interno tra rappresentato e rappresentante. Con un recentissima sentenza, n. 1662 del 22 gennaio 2019, si segnala infine la Suprema Corte di Cassazione offre lo spunto per una riflessione sulla configurabilit di un conflitto di interessi tra il Condominio ed il singolo condomino che abbia rilasciato delega al voto allAmministratore, nonch linfluenza di detto contrasto sulla validit della relativa delibera condominiale. La Suprema Corte, nel caso di specie, ha affermato che deve escludersi il conflitto dinteressi allorch il delegato abbia espresso esattamente la volont demandata dal delegante: nella specie lamministratore esprimeva il voto per i condomini assenti sicch non palesava sua volont, bens era portatore di volont altrui, di conseguenza il conflitto di interesse appare configurarsi soltanto se lamministratore non ebbe ad esprimere esattamente la volont lui demandata dal mandante, il quale unico potr lamentare un tanto non anche lestraneo al rapporto. Nella specie non appare profilarsi situazione omologa a quella in tema di societ di capitali laddove lamministratore ne esprime la volont, poich viene unicamente dedotto che lamministratore condominiale non poteva utilizzare le delega ricevuta dai condomini assenti concorrendo conflitto dinteresse, senza nemmeno una chiara identificazione circa lessenza in concreto del denunziato conflitto. Difatti o viene dedotto e comprovato dal denunziante che lamministratore ha espletato in assemblea, quale delegato, attivit di convincimento di altri condomini presenti ovvero espresso il voto in difformit rispetto alla volont lui affidata dal delegante, oppure il conflitto dinteresse con lente condominiale deve esser individuato in capo al condomino rappresentato, ma in entrambe le situazioni concrete si realizza mero vizio procedimentale nella formazione della volont assembleare e lo stesso d origine a mera annullabilit non attingendo i diritto domenicali del singolo condomino. In conclusione, pare al momento chiarito da parte dei Giudici di legittimit che entrambe le situazioni concrete in ultimo esaminate integrino un mero vizio procedimentale nelliter di formazione della volont assembleare, sicch la delibera adottata ad esito delladunanza condominiale sarebbe al pi viziata da annullabilit ex art. 1137 c.c. . PAGE PAGE 1 O ' , u y p r 4 > ? 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